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Corito li rendé invidiosi; e tra loro de termini della iuri-
sdizione della loro città nata mortale quistione, nuove
battaglie cominciarono tra popoli; e costei, ritratta la
mano, sovente in danno de cittadini nuovi le rivolgeva.
Letteratura italiana Einaudi 138
Giovanni Boccaccio - Comedia delle ninfe fiorentine
Laonde mesti e non usati a danni, mal pazienti le soste-
nieno; e più volte l ire piansono degli iddii, i quali né
prieghi né sacrificii pareva che mitigare li potesse, né of-
fese commesse si conosceano per le quali adirati giusta-
mente essere dovessero contra la nuova terra. Onde, do-
po lungo pensare, solamente restò loro nell animo che lo
sfortunato nome della città i miseri fati avesse, seco di-
cendo:
«Ancora durano gli odii degli iddii in questo nome, e
i dolorosi casi venuti sopra la generazione cadmea anco-
ra sopra noi caderanno, e nelle dolorose ruine de fi-
gliuoli del solvitore de problemati di Spingòs disavedu-
ti incapperemo, se lungamente dura questo nome a
nostri luoghi».
Per la qual cosa di piana concordia a dare a questa al-
tro nome dispostisi, per quello speravano più benigna
fortuna. Ma essi, lì di popoli varii ragunati, diversi disi-
derii ebber tra loro. Altri voleano che quella si chiamas-
se Mavorzia dal principale iddio reverito da loro, alcuni,
estimando questo battaglievole nome e più atto ad ac-
cendere danni che a spegnere, più utili Sarnia estimava-
no, questa dal nome della prima donna volendo nomare,
e tali erano che Achimenida la voleano chiamare, e i più
antichi Dardania; e così discordanti, né sorte né altro li
poteva accordare, onde per diliberazione comune
nell albitrio delli iddii rimisono il nominarla. E però che
in quella non solamente ad uno porgevano incensi, ma
già ripiena di meccanici varii, a diversi sacrificii donava-
no e a tutti aveano templo ordinato, ciascuno, accesi
fuochi al suo, con pietosi prieghi porse il suo disio. I ne-
bulosi fummi si risolveron nell aere, e i riscaldati altari e
i dati sacrificii co porti prieghi toccarono gli iddii, li
quali, come pregati, intenti a disiderii de preganti di-
scesero in questo luogo ove noi stiamo. E se alcuno cit-
tadino fu di questo avvisato, egli poté vedere qui Marte
focoso di molti raggi armato tutto e al sinistro suo ome-
Letteratura italiana Einaudi 139
Giovanni Boccaccio - Comedia delle ninfe fiorentine
ro uno scudo vermiglio grandissimo; e con lui la satur-
nia Giunone per autorità e per abito reverenda; e apres-
so a loro la discreta Minerva ornata delle sue armi, e il
sagace Mercurio con la sua verga e col cappello e con le
volanti ali; dopo li quali la bellissima Venere con le sue
bellezze aperte, insieme con Vertunno, il quale le varie
forme avea lasciate e tenea la propia. Questi sei sola-
mente ne dice la reverenda antichità che furono chiama-
ti al detto uficio, li quali ancora che pieni fossero di ra-
gione, niuna concordia dello imposituro nome fra loro
avere si potea. Per la qual cosa giudice nella loro quistio-
ne elessero Giove, davanti al quale ciascuno per sé porte
efficaci ragioni, titubante il giudicio nella mente del giu-
dicante, a quelle niuna cosa disse. Ma pensata nuova
maniera a decisione della presente quistione, così parlò:
«Chi saria giusto giudice a dimostrare quali parole
delli iddii abbiano più forze, con ciò sia cosa che tutti e
lingua pari e iscienza tegnate? I vostri effetti mostrino
chi più possiede della tencionata quistione, de quali
qual più sarà eccellente, a colui il mutare nome a Tebe
che si convenga giudicheremo. E nel mostrare quelli da
voi si terrà cotale ordine: noi daremo a ciascuno in mano
un picciolo bastone, col quale ciascuno di voi una volta
sola batterà il fiorito prato ove noi dimoriamo; e a cui
davanti più laudevole cosa surgerà di quello colpo, da
tutti voi ad un ora donato, colui giudicheremo che dea
l etterno nome».
E detto questo, levatosi da sedere, con le mani sante
divelse un giovane cornio solo crescente in dritta verga,
e quello in sei diviso, a ciascuno diede la parte sua, e co-
mandò che ferissero; li quali tutti ad una ora ferirono. E
subitamente si vide dinanzi a Marte, aperta la terra, in-
fra le belle erbette e fiori, con mormorio non intende-
vole soffiando, uscire una chiara fiamma, quale forse già
da nostri antichi prima fu, in fummi ravolta, veduta
uscir di Veseo; e stante ferma, non ricevea impedimento
Letteratura italiana Einaudi 140
Giovanni Boccaccio - Comedia delle ninfe fiorentine
dal sole. E alla sacra Giunone che con lieve colpo avea il
prato percosso, quale ad Orione sopra le piane acque
apparve il ricurvo dalfino, cotale, in alto levata la terra,
un picciolo monte si vide davanti, del quale cadute le
verdi foglie, quello essere lucentissimo oro lasciarono
vedere. Ma alla savia Minerva, sedente alla sinistra di lei,
nella presenzia si vide l erbe prendere subita forma di
vestimenti cari per maestero e per bellezza, non altri-
menti cambiandosi che le tele delle figliuole del re Mi-
neo in tralci con pampini per lo peccato commesso del
dispregiato Bacco. Ma a Mercurio, che con ammirazio-
ne il luogo ferito da lui riguardava, così come ne colchi-
di campi arati dal tesalico giovane subito di serpentini
denti si videro surgere armigeri, si poté riguardare, pri-
ma col capo irsuto, poi con aguti omeri e quindi tutto
l altro busto d uno ruvido satiro uscire della terra, e,
sanza dire nulla, salvatico nel suo cospetto porsi a sede-
re. Appresso si vide davanti alla pietosa Venere diritti
gambi, di frondi verdissime pieni, cotali della terra usci-
ti quale la turea verga fu della sepultura di Leucotoen
produtta da Febo, e quelli di bianchissimi gigli carichi
nelle sommità loro. E ultimamente, come la terra dal tri-
dente di Nettunno percossa partorì un cavallo, così da-
vanti a Vertunno uno orecchiuto asino, il quale rag-
ghiando fece tutto questo piano risonare, si vide uscito.
Di questo risono tutti gl iddii; ma, le risa rimase, ciascu-
no attento il viso rimirando di Giove, attendevano la
sentenzia. Ma egli, questi effetti veduti, con alto pensie-
ro li rivolge nel santo petto, e con estimazione da non [ Pobierz całość w formacie PDF ]
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